Parità, diritti e partecipazione

Parità/1. Parlano le giovanissime: “Ancora tanti gli stereotipi da combattere”

In occasione della Conferenza delle elette, convocata in Assemblea legislativa, è stata illustrata la ricerca “Le ragazze stanno bene”. Federico Amico, presidente commissione Parità: “Le donne chiedono una nuova stagione dei diritti. A partire dal lavoro, che rimane il grande tradimento della questione femminile”

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Il matrimonio? Una bambina non sogna altro e se a una certa età ancora non ha compiuto il passo c’è da preoccuparsi. Il sesso? Un uomo può farlo con chiunque, una donna solo per amore. Le mestruazioni sono ancora un tabù, si preferisce chiamarle “ciclo” o “cose”. E poi ancora: fin da piccoli siamo educati al fatto che esistono giochi per femmine e per maschi, letture per bambine e bambini, lavori da donna e da uomo.

Stereotipi duri a morire che da una parte mettono in luce come le giovani donne interpretano la parità di genere e il femminismo e dall’altra ricordano come una rivoluzione culturale sia necessaria per raggiungere una piena parità tra donne e uomini. Il quadro, emerso dalla ricerca di Giulia Cuter e Giulia Perona (esperte di marketing e comunicazione), è stato illustrato nel libro “Le ragazze stanno bene” che ha offerto lo spunto per il titolo e il focus della Conferenza delle elette “Le ragazze stanno bene? Salute, lavoro, cultura e partecipazione: le battaglie di oggi per le donne di domani”, tenutasi in Assemblea legislativa.

Il presidente della commissione Parità Federico Alessandro Amico ha introdotto l’incontro sottolineando: “La questione femminile non può prescindere da quella giovanile. Perché, parafrasando una frase usata spesso in questi giorni, non possiamo permetterci di ‘non veder arrivare’ le spinte di rinnovamento che vengono dal basso. In un momento di straordinarie trasformazioni, le ragazze di oggi, che sono le donne di domani, chiedono una nuova stagione di diritti. A partire dal lavoro, che rimane il grande tradimento della questione femminile. La metà delle donne in Italia non lavora e se lavora lo fa in condizioni di maggiore precarietà e con minori retribuzioni rispetto agli uomini”.

Dati alla mano, il presidente Amico ha sottolineato: “Le occupate sono arrivate a 9,87 milioni (più dei 9,77 milioni del 2019, recuperando lo shock del Covid), ma sono soltanto il 51,9% delle donne tra i 15 e i 64 anni, contro il 69,7% degli uomini. Con grandi differenze territoriali da Nord a Sud. Il tasso di occupazione femminile è sicuramente migliorato rispetto alla fase più acuta della pandemia, quando era calato nuovamente sotto la soglia del 50%, ma comunque è ancora sideralmente distante dal 62,7% della media europea. Lo è persino in Emilia-Romagna, dove l’occupazione femminile si attesta intorno al 60%. Le ragazze a scuola sono più brave dei ragazzi, ma poi, nel mondo del lavoro, sono penalizzate anche se si laureano nelle discipline Stem, come emerge dal Focus Gender Gap 2023 di Almalaurea. A cinque anni dal conseguimento del titolo di laurea, infatti, il tasso di occupazione è pari al 94,1% per gli uomini e del 90,9% per le donne, che guadagnano circa 200euro in meno al mese dei colleghi, anche se è un divario minore rispetto a chi si laurea in altre discipline non scientifiche. Ma il gender pay gap comincia dalla paghetta: secondo una ricerca elaborata da Starling Bank, i ragazzi non solo ricevono in media il 20% di soldi in più a settimana rispetto alle ragazze, ma imparano fin da piccoli ad approcciarsi in modo diverso al denaro. E la disparità è influenzata dalle valutazioni dei genitori. I ruoli imposti e radicati dall’iterarsi negli anni degli stereotipi, possono essere ancora scardinati e l’educazione riveste un compito imprescindibile”.

L’assessora alle Pari opportunità della Regione Barbara Lori ha illustrato i progetti che la giunta sta portando avanti per promuovere la parità di genere: un corso, in accordo con l’Ufficio scolastico regionale, per formare insegnanti e personale scolastico sui temi della parità, e un altro, in collaborazione con Anci, rivolto a mediatrici e mediatori culturali per gettare un ponte verso altre culture e tradizioni. Oltre a un fondo da 3 milioni di euro per sostenere l’imprenditoria femminile, stanziato in queste settimane, uscirà entro l’estate un bando da 1,5 milioni per migliorare la qualità del lavoro femminile e conciliare i tempi di vita e di lavoro. “Vogliamo valorizzare l’apporto delle donne alla nostra società, anche fornendo concrete opportunità di un lavoro dignitoso e di qualità -ha sottolineato Lori-. Pensiamo che il modo migliore per festeggiare l’8 marzo sia proprio quello di rilanciare il nostro impegno, perché quella femminile è una delle grandi questioni irrisolte di questo Paese. Oltre al lavoro, l’impegno sarà rivolto sul fronte culturale, per sconfiggere stereotipi ancora molto radicati, e quello sul fronte dei diritti e dell‘integrazione”. In conclusione, l’assessora ha ricordato che con l’attivazione delle sedi di Reggio Emilia, Piacenza e Ferrara si è completata la rete dei centri pubblici per uomini maltrattanti inseriti nei consultori delle Aziende sanitarie in ogni provincia della nostra Regione. “Definiremo l’elenco dei centri, per i quali sono previsti finanziamenti nazionali per 700mila euro” ha concluso l’assessora.

Cuter e Perona, oltre al libro, sono ideatrici di “Senza rossetto”, un podcast che racconta le donne oltre ogni stereotipo che la società attribuisce all’universo femminile. I contenuti e il progetto sono stati spiegati direttamente dalle due autrici: “Questo podcast è stato ideato per festeggiare il 70° anniversario del primo voto politico delle donne italiane durante il referendum del 1946, che chiedeva ai cittadini di scegliere tra Monarchia e Repubblica. I giornali dell’epoca titolavano ‘Senza rossetto nella cabina elettorale!’, invitando le donne a recarsi ai seggi struccate (per non rischiare di macchiare la scheda col trucco e inficiare il proprio voto) e per difendere quelli che consideravano i maggiori valori femminili: il marito, i figli e la casa. Capire se esistono ancora questi stereotipi è l’obiettivo del progetto. Nel 2020 questa ricerca è appunto diventata il libro ‘Le ragazze stanno bene’, che fa il punto su cosa significa essere una giovane donna oggi in Italia e fa una fotografia dei diritti”.

Rispetto alla ricerca di tre anni fa ci sono novità. “Un tema importante -hanno continuato le autrici- è quello del lavoro: un dato che ci ha colpito è che solo 6 donne su 100 trovano lavoro dopo la maternità indice del fatto che bisogna trovare equilibrio tra carriera e famiglia. Molto pronunciato anche il gender pay gap: in Italia siamo al 5%, un po’ sotto la media europea, ma dobbiamo intervenire perché venga abbattuto. L’educazione è la chiave per lavorare sui più giovani. Da una ricerca emerge che prima dei 5-6 anni, quando viene chiesto di indicare i più bravi in qualche attività, i bimbi indicano senza problemi maschi e femmine senza distinzione di sesso. Dopo l’ingresso a scuola il più bravo diventa sempre il maschio. Lavorare sulla consapevolezza della sessualità è altrettanto importante per formare i cittadini di domani. Le ragazze stanno bene ma possono sempre stare meglio”.

È poi intervenuta Erika Capasso, presidente della Fondazione per l’innovazione urbana (Bologna), un centro multidisciplinare di ricerca e sviluppo, in merito agli interventi da fare per la città, tenendo conto dell’ottica di genere. “Le politiche di genere -ha spiegato Capasso- non possono prescindere dalla dimensione fisica. Per questo raccogliamo dati, divisi per genere, da tenere in considerazione per gli interventi di trasformazione urbana che portiamo avanti. Ad esempio, prima di pedonalizzare una piazza in zona Bolognina, abbiamo sottoposto dei questionari con dati disaggregati per genere: è emerso che la popolazione femminile vive questo spazio. E ne abbiamo tenuto conto. Lavorando sullo spazio pubblico e sui servizi della città in un’ottica di genere, redistribuiamo il lavoro di cura collettiva”.

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(Lucia Paci)

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